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2009 dal 5 al 12 Aprile

8a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

L'ARGOMENTO DI OGGI

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dai GIORNALI di OGGI

THE FIRST DAY OF

ERA OBAMA:

I COMMENTI

2009-01-20

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

                                         

 

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

NAPOLITANO - "Ci sono tutte le condizioni perché l'Europa sia in sintonia con la nuova amministrazione americana.

Il Papa: "Obama promuova la pace", realizzi cooperazione.

Silvio Berlusconi: "LAVORARE INSIEME" - Nella lettera Berlusconi ha indicato, anche nella sua veste di presidente del G8, l'importanza di lavorare da subito insieme per affrontare le sfide del momento: la crisi finanziaria e il suo impatto sull'economia

VELTRONI - "È un momento molto emozionante. L'inizio di una stagione nuova che cambierà il corso della storia"

Sarkozy: ho fretta di cambiare il mondo con lui

 

 

 

 

 

       

 

CORRIERE della SERA

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2009-01-20

Veltroni: "Cambierà la storia"

Berlusconi scrive a Obama:

"Lavoriamo insieme da subito"

Il premier: mantenere dialogo con la Russia. Napolitano: straordinario incoraggiamento alla politica

ROMA - Silvio Berlusconi ha inviato una lettera a Barack Obama per rinnovargli le sue congratulazioni e i più sinceri auguri di buon lavoro, sottolineando che l'audacia della speranza è un sentimento che unisce il popolo italiano e quello americano.

"LAVORARE INSIEME" - Nella lettera Berlusconi ha indicato, anche nella sua veste di presidente del G8, l'importanza di lavorare da subito insieme per affrontare le sfide del momento: la crisi finanziaria e il suo impatto sull'economia reale, la situazione in Medio Oriente e quella in Afghanistan. Il presidente del Consiglio ha anche ribadito la necessità di mantenere un dialogo costante con la Russia e di favorirne la piena partecipazione al sistema di sicurezza e di "governance" mondiale.

NAPOLITANO - "Ci sono tutte le condizioni - ha detto poi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervistato in diretta sul Tg1 dal direttore Gianni Riotta - perché l'Europa sia in sintonia con la nuova amministrazione americana. Ho ascoltato il discorso di insediamento con grande emozione e per chi come me ha vissuto per più di 50 anni nella politica, è stato un segno di straordinario incoraggiamento e fiducia nell'avvenire della politica".

VELTRONI - "È un momento molto emozionante. L'inizio di una stagione nuova che cambierà il corso della storia", ha detto il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni. "La parte più innovativa del discorso di Obama è il richiamo alla responsabilità, l'idea di una società solidale in cui ciascuno è parte di una rete più grande. Questa è l'anima più profonda del pensiero americano".

20 gennaio 2009

 

 

 

l telegramma della Santa Sede

Il Papa: "Obama promuova la pace"

Messaggio del pontefice:realizzi cooperazione.

E Sarkozy: ho fretta di cambiare il mondo con lui

 

Papa Benedetto XVI (Lapresse)

Papa Benedetto XVI (Lapresse)

MILANO - Il Papa nel giorno dell'insediamento di Barak Obama quale 44esimo presidente degli Stati Uniti "prega" perchè il neo presidente americano promuova "comprensione, cooperazione e pace tra le nazioni". Lo afferma un telegramma di Benedetto XVI al neopresidente, che ha iniziato la sua prima giornata alla guida degli Stati Uniti partecipando a una cerimonia religiosa alla chiesa episcopale St.John's, di fronte alla Casa Bianca. Il Papa auspica che sotto la sua leadership "il popolo americano continui a trovare nella sua significativa eredità religiosa e politica i valori spirituali e i principi etici richiesti dal cooperare nella costruzione di una società libera e giusta, segnata dal rispetto della dignità, uguaglianza e diritti di tutti i suoi membri, specialmente i poveri, gli emarginati e chi non ha voce".

I LEADER MONDIALI - Ma quella di Benedetto XVI non è ovviamente l'unica voce che si leva nel giorno dell'insediamento. Messaggi di auguri, di felicitazione e di incoraggiamento sono stati inviati alla Casa Bianca da leader e capi di Stato di varie parti del mondo. La regina Elisabetta II d'Inghilterra ha mandato un messaggio personale di auguri Obama. Non sono note le parole della monarca che è probabilmente l'assoluta veterana degli ambienti diplomatici e istituzionali, visto che da quando è diventata regina, nel 1952, ha incontrato personalmente ogni singolo presidente americano, con l'eccezione di Lyndon Johnson. Quando Obama avrà fatto il suo giuramento, la sovrana d'Inghilterra avrà visto ben 12 presidenti servire gli Usa nel corso del suo regno. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha invece fatto sapere di avere "fretta" di vedere che l'insediamento di Obama sia compiuto "per poter cambiare il mondo con lui". Il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha invece sottolineato che "su di lui si sono concentrate grandi speranze e tante attenzioni. Credo che quello che bisogna fare è mandare gli auguri più affettuosi e calorosi affinchè possa essere all'altezza delle attese da parte non solo degli americani ma di tutto il mondo".

IL BIGLIETTINO DI BUSH - L'inquilino uscente della Casa Bianca, George W. Bush, secondo una tradizione ormai consolidata, ha invece lasciato un messaggio sulla scrivania dello studio ovale indirizzato al suo successore. Nel riferirne, la portavoce della presidenza statunitense, Dana Perino, si è limitata a dire che il presidente uscente ha scritto il biglietto ieri: "Il contenuto - ha precisato - è simile a quello che lui ha detto sin dalla notte delle elezioni a proposito del fantastico nuovo capitolo che il presidente Obama sta per aprire, augurandogli tutto il meglio".

20 gennaio 2009

 

REPUBBLICA

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2009-01-20

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-01-20

 

Napolitano: "Ora è possibile una sintonia tra Usa e Ue"

Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, esulta per il discorso di Obama: "Ho ascoltato il discorso di Barack Obama con grande emozione, è stato un segno di straordinario incoraggiamento e di fiducia nell'avvenire della politica". "Per chi come me, appartenendo ad una generazione molto diversa da quella di Barack Obama, ha vissuto più di 50 anni nella politica e nelle istituzioni - ha detto Napolitano - il discorso di oggi è stato un segno di straordinario incoraggiamento e di fiducia nell'avvenire della politica".

"Ci sono tutte le condizioni perché l'Europa sia in sintonia con la nuova amministrazione americana", ha detto il presidente della Repubblica. Napolitano ora dall'America di Obama si attende un "mutamento straordinario" anche nel ruolo che eserciterà nella crisi in Medioriente. "Mi aspetto - ha detto il presidente della Repubblica - che l'America sia impegnata, è lo è con Obama, a riguadagnare il consenso morale e leadership ideale: le parole del presidente sono state nettissime, la forza dell'America poggia soprattutto sull'uso prudente di questa forza e sulla profondità delle convinzioni e degli ideali e anche, ha aggiunto Obama, sull'umiltà e sulla misura. Mi pare che in questo senso c'è veramente un mutamento straordinario e anche rispetto a crisi così drammatiche come quella del Medioriente l'America può guadagnare una nuova credibilità per esercitare il suo ruolo".

Visto che l’era Bush si è chiusa, anche in Italia sarebbe ora di cambiare. "Io sono un anziano, un senior della politica italiana, se si vuole della politica europea, però mi riconosco profondamente nello spirito di un discorso come quello del presidente Obama - ha affermato il presidente della Repubblica -. Certamente c'è un problema di rinnovamento generazionale nella politica italiana, nelle classi dirigenti italiane nel loro complesso, ma questi sono problemi che non si risolvono vagheggiando esempi o mutuando modelli dal di fuori, è uno sforzo che deve fare dall'interno l'Italia".

20 gennaio 2009

 

 

 

 

 

Dalla paura alla speranza

di Walter Veltroni

È stato un discorso emozionante. Il discorso di un uomo con fortissimi valori e ispirazioni, che si propone di guidare un paese nuovamente unito, di restituire all’America quella leadership morale che era andata perduta nel corso della presidenza Bush tra la guerra in Iraq e la tragedia di Guantanamo. Nessun trionfalismo, nelle parole di Obama si avverte anche preoccupazione, coscienza del difficile lavoro da fare. Ecco: la storia ci offre il paradosso inedito dell’avvio contemporaneo della presidenza più carica di speranze e di significati e della crisi più difficile dal dopoguerra ad oggi.

Forse è proprio per questo, al di là della bellezza formale del discorso, che mi ha colpito quel suo richiamo forte alla responsabilità. La responsabilità di tutti e di ciascuno. Quanto siamo lontani da quelle forme di egoismo estremo, perfino di cinismo, a cui il presidente contrappone invece solidarietà e legami a rete. Responsabilità è la parola chiave di questo discorso. Obama sarà (è già) il presidente che coniuga forte capacità di intervento a sostegno dell’economia a ricostruzione di un mercato gestito da regole e controlli, dopo che proprio l’abbattimento di regole e controlli lo ha devastato.

L’immagine dell’America che Obama ha costruito davanti agli occhi dei suoi concittadini e a quelli del mondo è quella di un paese aperto, multiculturale, capace di comprendere l’altro proprio perché forte. Quanto è apparso lontano lo spirito di crociata degli otto anni di Bush. Nelle sue parole ho colto l’eco di altri discorsi. Quello di Martin Luther King e del suo sogno che si materializza. Quello di Kennedy che tradusse il senso di responsabilità quando esortava a non chiederti cosa può fare il tuo paese per te ma cosa puoi fare tu per il tuo paese. E quello di Franklin Delano Roosevelt che ammoniva ad aver paura solo della paura. Ecco, alla parola paura Obama ha sostituto la parola speranza.

21 gennaio 2009

 

 

 

 

 

Parola di presidente: tutti meritano la felicità

di Furio Colombo

Ecco che cosa è accaduto in queste ore in America: un immenso pellegrinaggio civile. Milioni di cittadini sono arrivati a Washington, come fosse un santuario secolare o una meta salvifica, per essere presenti al giuramento e al discorso di Barack Obama, primo presidente nero degli Stati Uniti.

L’inaugurazione di un presidente è sempre stato un evento importante e celebrato negli Stati Uniti, forse l’unico Paese democratico in cui le istituzioni hanno conservato il prestigio alto e sacro delle origini persino quando quelle istituzioni sono rappresentate da persone modeste o inadatte.

Ma per avere un’idea del giorno 20 gennaio, inaugurazione di Obama presidente, nella città di Washington, occorre ricordare che alla festa di George W. Bush, quattro anni fa, erano convenute a Washington 400mila persone. E che fino ad oggi, il più grande momento collettivo della storia contemporanea americana era stato l’inaugurazione di John Kennedy, quando quasi un milione di americani lo avevano festeggiato a Washington.

Questa volta è diverso, è nuovo, sta segnando la storia l’ingresso di un nuovo presidente alla Casa Bianca e al vertice del Paese che pesa di più nel mondo. Gli americani non hanno pensato neppure per un istante di far finta che i presidenti sono tanti, che la politica è sempre lo stesso gioco e che clamorose delusioni sono sempre possibili.

Barack Obama, entra invocato dalla folla (un fatto estraneo alle normali cerimonie democratiche), attraversa lo spazio lasciato per lui. Non ride, non sorride. Il volto è attento e pensoso. Per quanto cerchi di ricordarmi delle tante inaugurazioni che ho visto, nessuno mai è stato senza un’ombra di mondanità compiaciuta nel giorno dell’inaugurazione. Lui e l’immensa folla ascoltano il reverendo Warren, il tanto discusso pastore della chiesa di Obama, mentre dice "Ringrazio Dio di vivere in un Paese dove il figlio di un immigrato nero arriva a questo giorno. E mi vergogno - Dio - per un Paese che può rovinare fino a questo punto la sua economia e il lavoro di tanti. Amen".

E quando canta, con la sua celebre voce, Aretha Franklyn, quando canta un’indimenticabile "God Bless America", mentre il cielo è pieno di bandiere e in basso si estende all’infinito il mare di folla, Obama non ride e non sorride. Le bambine gli stanno vicino serie, senza toccarlo, la moglie un po’ indietro. Ecco la Bibbia di Lincoln, mai vista o toccata dai tempi di Lincoln, offerta al giuramento del vice presidente Biden. Torna, di profilo, il volto di Obama, il segno intorno alla bocca un po’ più teso e duro. Suonano Isaac Pearl e Yo-Yo Ma mentre trascorre il minuto esatto prescritto dalla Costituzione. Obama è presidente poco dopo mezzogiorno, prima di giurare.

Quando giura, il suo nome è Barack Hussein Obama. Quando parla, sempre senza sorridere, forse perché sente l’immenso peso dell’evento, questo dice: "Mi sento umile, grato, consapevole, ansioso. Noi siamo qui perché la Costituzione ci ha portato qui. Siamo in guerra. Quale guerra?, la guerra contro l’odio. Siamo in crisi. Quale crisi? quella della povertà che non finisce e all’improvviso si allarga. È grave la situazione, più di quel che vi dicono. Ma noi siamo quelli che sanno tenere testa. Siamo giovani. Eppure il tempo è venuto per portare a compimento la nobile promessa: tutti sono uguali, tutti sono liberi, tutti meritano la felicità. Noi saremo giudicati non per quello che distruggiamo ma per quello che costruiamo".

Il giorno nuovo è iniziato. Dice una voce fra i commenti: non è una transizione. È una trasformazione.

21 gennaio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-01-20

 

 

 

 

 

 

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